Penelope alla guerra di Oriana Fallaci: la storia di un sogno evaporato al sole.
Penelope alla guerra: il titolo è già di per sé sessista. Come fa Penelope, la tanto paziente figura femminile omerica che attende fedele il ritorno del suo amato, a impugnare le armi e a gettarsi nella mischia di sangue e violenza, che è la guerra? Eppure la donna lotta, ogni giorno, in quel campo di confusione che è il suo mondo interiore e sul territorio ostile che sono le convenzioni sociali. Raramente mi capita di attendere il finale della storia per cogliere il senso ultimo della vicenda e questa volta è successo di domandarmi più volte se prima o poi avrei capito dove volesse andare a parare Oriana Fallaci con questo suo romanzo di esordio. Per farsi coinvolgere in un ritmo più incalzante e riuscire a cogliere aspetti rivelatori, il lettore dovrà infatti attendere le ultime 50 pagine.
In Penelope alla guerra c’è una ragazza di nome Giovanna che si ostina a farsi chiamare Giò perchè così si sente più uomo, che si veste e cammina da uomo. Poi c’è l’America, quel Paese così lontano, la Terra Promessa che tutti sognano, dove Giò parte per scrivere il soggetto eclatante di un film da produrre. E poi c’è Richard, il fantasma del passato che torna prepotentemente nella vita di Giò a destabilizzare le sue certezze di donna emancipata, che per un attimo le farà mentire a sé stessa dicendo
L’unico modo per diventare qualcuno, se nasci donna, è amare un uomo. Sono una creatura normale. Desidero ciò che desiderano le donne normali: un marito e dei figli.
Ma Giò non può essere una donna come tutte le altre, Giò è audace, Giò è autentica, Giò è … sè stessa: una donna che non accetta compromessi e che scoprirà il rischio a cui va incontro un essere come lei che non si sottomette e che parlando da uomo vuol chiarire tutto ad ogni costo, una donna che quando scopre questa amara verità conosce il sapore della prima lacrima.
I personaggi possono risultare a tratti eccessivi, racchiusi in personalità o troppo ribelli come la stessa Giò che riesce a tenere testa in una vera e propria battaglia verbale alla madre possessiva dell’uomo che ella ama (che ricorda a tratti la terribile Geltrude di Figli e amanti di D. H. Lawrence), o troppo fragili, come Richard, figlio e fidanzato incapace di donarsi all’amore perché troppo amato da tutti, il quale si rende conto che le persone che lo circondano lo ossessionano con il loro affetto, incuranti che
essere amato ti svuota: poiché colui che ti ama non fa che nutrirsi di te, di ciò che hai di meglio, e giorno per giorno ti consuma, ti deruba, finché resti un guscio vuoto cui hanno succhiato i segreti, la linfa, la vita.
A fare da sfondo all’intricata vicenda sentimentale in cui si ritrovano annodati i protagonisti della vicenda, è la città di New York alla fine degli anni ’50, con i suoi rumori e i suoi odori metallici. Ossessionata dal sogno americano che tanto colpiva gli Europei nel dopo guerra, Giò si illude infatti di sentire il profumo di gelsomino nell’aria che puzza di benzina e di polvere e musica d’arpa nel fracasso del traffico, sintomo del desiderio di sfruttare la possibilità di riscatto che solo un Paese così emancipato può offrirle. L’illusione di una nazione forte e vincente si sfalderà parallelamente alla disfatta interiore della protagonista causata dalla cocente delusione sentimentale, proprio come le dice Francesco, innamorato di lei da sempre, prima della sua partenza dall’Italia
ogni paese è bello o brutto a seconda dello stato d’animo con cui lo vedi (…)l’America non è esattamente un paese. E’ uno stato d’animo, un’epoca”, verità cui giungerà la stessa quando, liberatasi da quell’esagitata sensazione di fretta che impone la metropoli, si soffermerà a leggere il verso finale della poesia di Langstone Huges “Cosa succede di un sogno rimandato? Si dissecca come un chicco d’uva al sole?
Reagendo alla delusione sentimentale Giò troverà la forza di affrontare la sua vita nelle vesti di un essere poco ordinario nel mondo dei savi ai quali, se non vuoi spaventarli “devi tacere o mentire”. In questa nuova tenuta è davvero pronta a fare la sua guerra.
Abituati a pensare a Oriana Fallaci come a una giornalista che regala ai suoi lettori il ritratto di personaggi di spicco attraverso uno stile rivoluzionario che rende la vicenda palpitante avvalendosi di un piglio sempre anticonformista, Penelope alla guerra ci presenta l’autrice sotto le vesti di narratrice alle prime armi. Il risultato che ne viene fuori è una narrazione che coinvolge a singhiozzi, con uno stile poco accattivante, forse troppo acerbo. Non mancano in ogni caso momenti di lirismo scanditi dalle descrizione di paesaggi lontani dalla grigia New York che nell’effetto che producono sui protagonisti, rendono evidente l’abisso fra il mondo confidenziale e autentico racchiuso in ognuno di noi e quello più propriamente conformista che ci impone l’ambiente esterno.
VOTO: 6,5
SCHEDA LIBRO:
AUTORE: Oriana Fallaci
TITOLO: Penelope alla guerra
EDITORE: Rizzoli
PAGINE: 280
EURO: 10,00
ISBN: 17032605
Formato Kindle:Penelope alla guerra (BUR OPERE DI ORIANA FALLACI)
NOTA SULL’AUTRICE:
Oriana Fallaci (Firenze, 29 giugno 1929 – Firenze, 15 settembre 2006), scrittrice e giornalista, è ricordata soprattutto per il suo ruolo attivista nella questione femminista e per le sue interviste coraggiose a personalità di potere. Raggiunse fama mondiale come autrice di romanzi a partire dagli anni ’70, con opere come Lettera a un bambino mai nato (1975), Un uomo (1979), Insciallah (1990) e La rabbia e l’orgoglio (2001).
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