Letteratura Alternativa presenta San Vitale 122 di Fabio Blanco, romanzo breve che si legge tutto d’un fiato condividendo, pagina dopo pagina, i pensieri più turpi, ma autentici, del giovane protagonista.
Via San Vitale 122.
Fa freddo in Via San Vitale a dicembre, alle sei del mattino. Fredda era anche la mia anima, congelata in questo quinto anno nella città delle tre T.
Attraverso una narrazione confessionale dal ritmo incalzante e lo stile pungente, il lettore scopre che dietro la rabbia si nasconde uno straziante urlo d’amore.
Vi è mai capitato di soffermarvi a chiedervi a cosa pensano, per tutto il tempo, i parcheggiatori? Sotto il caldo cocente d’estate, intirizziti nei loro bomber sotto il vento gelido d’inverno, restano lì, a sorvegliare e parcheggiare auto, e pensano. Hanno tempo, loro, per pensare, ma a cosa? Alla loro vita che va come va, fra tizi in giacca e cravatta che salgono e scendono dalle loro costose auto, mentre in fondo, a volte basta un sogno da inseguire per sentirsi ricchi. Ma a volte quei sogni sembrano sbagliati da rincorrere, quando il vero trofeo al quale ambire è la fama dell’apparire.
Blanco è un giovane ventiduenne di origini meridionali trasferitosi a Bologna per studiare cinema e diventare, un giorno, regista. Abita lì da cinque anni e si mantiene facendo il parcheggiatore, con poche lire in tasca e la voglia di afferrare opportunità. Blanco arriva dal sud, dalla Sicilia dove la gente mormora, dove i mariti sono padri-padroni, dove le mogli che si ribellano poi fanno un gran casino all’intera famiglia. Ma il sud è anche il luogo in cui resistono, inscalfibili, i valori della terra e del vero amore, che Blanco insegue senza afferrarlo mai. Blanco allora si rifugia nel ricordo della sola donna che mostra amorevolezza nei suoi riguardi in un momento di critico passaggio dalla fanciullezza all’adultità. Sua nonna si preoccupa che abbia mangiato, l’unica forma di amore più sincera, così come diceva Elsa Morante, quella donna che poi finisce per regalare soldi solo ai cugini rimasti al sud, un gesto che punge l’orgoglio di Blanco.
La rabbia e l’amore negato
Una volta il mio migliore amico mi disse:
Sembri uno continuamente mangiato dai cani.
Sentitosi deluso e preso a calci dalla vita, con la sua inerzia cui sfugge solo attraverso parole rabbiose, Blanco si fa portavoce di quelle anime spaventate da una esistenza che invade con complicazioni e casini e non lascia spazio alla gioia delle piccole cose. Abituato a doversi difendere, dagli adulti inconcludenti, dai coetanei sempre in bilico sul filo del rasoio, da donne che fingono di salvarlo come mamme superficiali e sempre distratte, Fabio Blanco non scorge la luce della speranza di una quotidianità fatta di piccole conquiste che non comportano lotta e fatica contro tutto e tutti. Blanco è sempre adirato contro il mondo sin dalle prime luci dell’alba. Blanco si sveglia e bestemmia. Sale sul tram e impreca contro il controllore, se la prende con i passeggeri e con il tempo che fa, si ingelosisce con le sue conquiste del momento, Blanco è il possessivo, che fa morire le storie che profumano d’amore, Blanco l’infelice, Blanco il reietto, il frustrato, lo sfigato.
Quante volte abbiamo scorto negli occhi di giovani rabbiosi un dolore nascosto, tenuto relegato nell’angolo più buio del cuore? Si può scendere giù per quella scala e trovare il coraggio di accendere la torcia che stringiamo in mano? Blanco conosce un modo per scappare dall’imperscrutabile solitudine che lo attanaglia, e lo scopriamo attraverso la sua confessione bruciapelo:
Ci sono due modi per non impazzire. O muori. O scrivi.
Così, la catarsi arriva attraverso le parole, vomitate di getto, senza remore, con stile scurrile ma autentico. È nelle parole che si rivela la franchezza di un’anima spaventata, alla aderiva del suo stesso destino.
Ero solo uno studente, un fuori sede, uno dei tanti, che è partito dal suo paese a cercare fortuna fuori, carico di buone intenzioni e di ricordi della propria terra, e come molti mi sono trovato fottuto: senza mutande pulite, senza un soldo, a mangiare solo scatolette e pasta col tonno.
In un lungo e circolare monologo interiore, scandito da flashback e frasi prolisse, spesso prive di punteggiatura, insomma una vera e propria masturbazione mentale che ora sconvolge, ora pungola il suo pubblico immaginario, l’autore Fabio Blanco confida vizi, timori e paranoie che accomunano la maggior parte dei giovani contemporanei. Con uno stile pungente e ironico, la voce narrante denuncia un malessere sociale, una incapacità a vivere in una società che tradisce i sogni, dove per primi sono gli adulti a ingannare aspettative d’amore e di sostegno.
L’inferno e la pace
La gioia per la futilità ci salverà da tutti i mali.
Come tutti i piccoli eroi che affrontano le proprie fatiche interiori, anche Blanco troverà il suo angolo di pace, ma non prima di aver attraversato l’inferno, tra fumo e sostanze stupefacenti, tra relazioni sentimentali malsane che inconsciamente non intende far decollare, e solo dopo essersi misurato con la superbia di omuncolo rabbioso che provoca la vita con l’ago appuntito delle sue parole.
Quello che fa male all’uomo è quella rabbia che il più delle volte viene scambiata per odio, ma è solo voglia di tirare un bel pugno in faccia a qualcuno e poi smorza. Come quando scopi e vieni. Finisce lì. L’odio vero è una lunga eccitazione che ti rende sorridente e voglioso.
Leggi l’intervista a Romina Tondo, fondatrice di Letteratura Alternativa.
SCHEDA LIBRO:
AUTORE: Fabio Blanco
TITOLO: San Vitale 122
EDITORE: Letteratura Alternativa – Collana Laboratorio Underground
PAGINE: 142
ISBN: 9788894815214
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