Il nuovo e atteso romanzo del maestro americano Stephen King riprende il filone classico che lo ha reso popolare: quello delle storie con protagonisti i bambini.

L'istituto di Stephen King

Dopo diverse esplorazioni letterarie, Stephen King torna a raccontare, come ai tempi di It, una storia di ragazzini travolti dalle forze del male. Definire un genere per questo romanzo non è facile. Non si tratta, infatti, di un vero e proprio horror ma di un libro a metà fra il romanzo di formazione e un thriller con qualche venatura splatter un po’ ironica, marchio di fabbrica dello stile di King.

Le prime pagine del libro sono dedicate a Tim Jamieson, un uomo come si usa dire spesso “in fuga dal suo passato”, che decide di abbandonare un volo diretto a New York e per una serie di coincidenze (destino), finisce per rifugiarsi in una piccola cittadina sperduta, DuPoint, in cui trova un primo impiego come guardia notturna.

Dopo questa prima parte il fulcro della narrazione si sposta a Minneapolis, dove il protagonista è Luke Ellis, un ragazzino dotato di una straordinaria intelligenza che di notte viene rapito da una squadra di persone misteriose che ammazzano a sangue freddo i genitori.

Una volta sveglio, Luke si ritrova in una stanza simile alla sua ma capisce presto di trovarsi ben lontano da casa. È il famigerato Istituto, una struttura costruita dal governo per richiudere bambini con doti particolari come telepatia e telecinesi, per potersene servire come arma preventiva. All’interno dell’Istituto Luke fa amicizia con quelli che saranno i protagonisti del romanzo: Kalisha, Nick, George, Iris e Avery Dixon e subisce le torture a cui i bambini vengono sottoposti per sviluppare e sfruttare le loro capacità. Punture, vasche, torture fisiche e psicologiche messe in pratica da adulti senza scrupoli come la terribile direttrice Sigsby.

Questa parte iniziale del libro è quasi del tutto dedicata alla descrizione dell’istituto, per spiegarne i funzionamenti, e i personaggi che lo abitano. Da metà testo in po’ si sviluppa l’azione vera e propria. Nella seconda parte la narrazione diventa più veloce e aumenta sempre di più il ritmo del testo, fino ad arrivare al culmine nel finale.

Lo stile di King è riconoscibile dai frequenti riferimenti musicali e a film, attori, cartoni animati, fumetti e libri. Spesso si trovano rimandi a libri precedenti dell’autore. La stessa costruzione della trama si rifà in parte ad It e L’Incendiaria, ma ci sono riferimenti anche a libri più recenti come Mr. Mercedes.

Per quanto riguarda l’atmosfera lo scrittore ha volutamente ricreato quella dei campi di concentramento nazisti, con i riferimenti agli esperimenti sui bambini, i dottori folli e i guardiani senza scrupoli che lavorano all’interno della struttura.

La struttura del romanzo è un po’ rigida e rende la narrazione troppo lenta e monotona. In particolare si notano le continue ripetizioni sia di frasi che di parole e vicende o  le continue spiegazioni di cose e fatti già fin troppo evidenti al lettore. Numerose pagine e interi capitoli dedicati alle torture, i mal di testa dei bambini e le visione di puntini, forse inserite per restituire quella sensazione fastidiosa provata dai protagonisti, rendono il testo a tratti ridondante e ripetitivo.

Non si può far a meno di notare le continue indicazioni che contrastano l’idea politica del “nemico”: Donald Trump. Il presidente americano viene nominato a volte esplicitamente in alcune pagine e altre volte citato implicitamente con frecciatine e allusioni varie. La linea politically correct di King viene proposta al  lettore attraverso i suoi personaggi con concetti sin troppo evidenti riguardo il ruolo della donna: se questa svolge un lavoro umile (l’inserviente) non bisogna dare per scontato che sia stupida o poco acculturata.

Nel complesso, L’istituto vuole rifarsi ai grandi romanzi di King degli anni ’80, come Shining, ma manca l’elemento chiave, quella suspense tipica delle storie horror. L’istituto infatti, si colloca in un genere diverso. L’autore, come già accennato prima, cerca di coinvolgere il lettore creando un’atmosfera claustrofobica, descrivendo perfettamente un lungo e snervante supplizio. Se da un lato si tratta di una scelta narrativa chiara e ben riuscita, dall’altra può avere l’effetto di sfinimento anche nel lettore, senza tra l’altro  arrivare a creare quell’angoscia e il brivido di terrore tipico dei capolavori più celebri dello scrittore americano.

Il finale, in linea con lo sviluppo della trama, non è di quelli sorprendenti e di nuovo strizza l’occhio ai contenuti più politici che spirituali, con il tema tanto caro a Kingm quello dell’eterna lotta tra il bene e il male visto dal punto di vista di una sorta di libertà dell’individuo, con il trionfo del libero arbitrio su tutti quei meccanismi occulti e che cercano di indirizzarne arbitrariamente il destino.

In conclusione

L’istituto è un romanzo che nasce da un’idea di trama originale mescolando gli elementi tipici delle storie più classiche “kingiane”, come i poteri paranormali, le descrizioni delle solitarie cittadine rurali del west, le esperienze e le difficoltà dei ragazzi nella delicata età che va dall’infanzia all’adolescenza. Tutte queste caratteristiche rendono il libro accattivante per i nostalgici fan dell’autore e anche se la cosa può apparire un po’ una forzatura, la struttura base del romanzo regge bene.
Mi sento quindi di consigliare il libro. Leggere Stephen King è sempre una piacevole esperienza anche se distante dai capolavori del suo periodo migliore, a cui questo libro sembra volersi ispirare.

SCHEDA LIBRO:

TITOLO: L’istituto
AUTORE: Stephen King
EDITORE: Sperling & Kupfer – Collana Pandora 2019
PAGINE: 576
ISBN: 978-8820068288

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