Autopsia del terzo millennio di Francesca Illiano: Quando l’inchiostro sulle dita per uno scrittore diventa il sangue sui guanti di un chirurgo pronto a svelare i mali che risiedono nella natura corruttibile dell’odierna società italiana.
Kafka ha scritto: «Un libro dev’essere un’ascia per il mare ghiacciato che è dentro di noi».
Quel gelo, nell’animo del lettore, la scrittrice emergente Francesca Illiano, con la sua Autopsia del terzo millennio, lo scalfisce servendosi di una scrittura sferzante, uno stile crudo e realistico con cui affila la sua penna che impugna come bisturi per incidere il ventre dell’odierna società, estraendone vizi e manie.
Autopsia del terzo millennio, un titolo che non lascia certo indifferenti, è forte, evoca crudeltà e allo stesso tempo riesce a provocare. Chi può assurgere a ruolo di chirurgo sociale per una comunità emotivamente decadente, qual è diventata quella dell’attuale millennio in cui viviamo, a luce spenta, rannicchiati su morbide poltrone, mentre dall’altra parte dello schermo di fronte a noi proiettano immagini di ordinaria disumanità? Chi potrà stabilire le cause di una cancrena che erode dall’interno un corpo che si tiene in vita per inerzia? E chi, meglio di un autore dallo sguardo acuto che attinge da un cuore malato di delusione verso il genere umano, può mostrarci mani ricoperte da guanti insanguinati dopo aver rimestato con coraggio fra gli organi alterati da mali invisibili?
Ecco allora che l’autrice porge al suo pubblico novello, proprio come durante una delicata autopsia, una lente di ingrandimento che consente di guardare meglio e da vicino quella parte della società malata che sfugge allo sguardo di osservatori distratti e poco attenti. Ci avviamo così in un labirinto umano buio dove i segni di patologie inoltrate emergono repentinamente in tutta la loro cruda realtà. Umiliazione, discriminazione, indifferenza, cinismo, violenza e intolleranza sono i sintomi che colpiscono l’umanità del terzo millennio, che Francesca Illiano analizza con perspicace introspezione.
I racconti che compongono la raccolta sono brevi viaggi nelle zone oscure della vita di quegli individui segnati dall’imprevedibilità che il destino ha riservato loro. Difficilmente ci si dimenticherà del professore in pensione finito in miseria e costretto a vendere i suoi amati libri dal valore inestimabile per sopravvivere in un’Italia che mette al bando la dignità di un uomo che ha svolto una missione impareggiabile, come quella dell’insegnamento («La sorpresa si era dipinta negli occhi quando aveva invece spiegato l’etimologia latina delle parole: ministro, derivante da “minus” e maestro da “maior” dimostrando la precedenza dell’insegnamento sulla amministrazione della cosa pubblica»); o di Adamah, il giovane venditore ambulante senegalese approdato in Italia per tentare la fortuna e riuscire a mantenere la famiglia lontana, che trova in una passante generosa un’amica alla quale confidare, fra un sorriso amaro e uno più dolce, la sua vita da clandestino («È cominciata così la nostra amicizia. Sì, amicizia, non stupitevi. Come altro si potrebbe chiamare quel muto affetto tra persone diverse che s’incontrano una sola volta a settimana e per pochi minuti, senza interesse di sorta se non quello di salutarsi con gli occhi e raccontarsi di sé?»); o ancora della ragazza venuta dall’Europa dell’Est che vedrà infrante le sue speranze in un futuro migliore nel bel Paese del sole, scontrandosi con una triste realtà («Una sola parola, in italiano, le portò via la speranza: puttana»); fino al barbone che racconta la sua storia di emarginato rivolgendosi a un pubblico ideale («Sfido uno qualsiasi di voi a svestirsi degli abiti borghesi, lavati e inamidati, abbandonare le automobili e i moderni aggeggi elettronici che usate per comunicare con tutti senza dire nulla a nessuno; posare il portafogli con i soldi e le carte di credito sul comodino di casa e seguirmi, una notte soltanto, nelle vie di nessuno»).
Quelli che la Illiano disegna dinanzi agli occhi dei lettori sono dunque ritratti di vita metropolitana quotidiana, nostrana, dalle pennellate sì veloci, ma profonde. Lasciano il segno le sue parole, non scelte a caso, che pungono la parte più intima dell’animo del lettore che si ritrova talvolta disorientato, talvolta indignato, in un continuo e sempre più profondo vortice di riflessione. Ciascun racconto è ben costruito e colpisce nel vivo sin dall’incipit. Da un finale spesso spiazzante, che lascia il lettore senza fiato, si passa a un incipit che non dà spazio a visioni edulcorate della realtà di cui si sta narrando. L’autrice narra infatti in maniera diretta, spesso in medias res e, quando le prime righe sembrano auspicare scenari idilliaci, subito una vena di crudeltà distoglie il lettore da previsioni più mitigate.
Ecco un esempio:
Fiocchi di neve cominciano a posarsi piano sulle strade di Bologna. Guardando fuori dalla finestra quella bianca distesa, a Irina si stringe il cuore. I portici imbiancati e i passanti, infagottati negli abiti pesanti, le ricordano brutalmente la sua candida e fredda Kiev.
In un crescendo di tensione emotiva, i racconti prendono così una piega realisticamente dolorosa, segnando inevitabilmente la sensibilità del lettore.
Francesca Illiano alla sua prima prova da scrittrice convince, soprattutto in quei racconti in cui la narrazione in prima persona si fa più sentita e travolgente. La penna le scivola fra le mani con tratto fluido e sicuro, la capacità narrativa rivela profonda sensibilità e la destrezza nel manipolare parole è data dall’accuratezza con cui le seleziona, la stessa con cui conduce il lettore, al termine del viaggio, nella sua Stanza Segreta, ovvero lo spazio intimo in cui si raccoglie per comporre le sue poesie. Così nelle ultime pagine ci si ritrova a sfogliare composizioni in versi che mettono a nudo questa volta l’anima dell’autrice stessa. Si scopre allora un’interiorità disorientata dinanzi al mare tumultuoso dei sentimenti che le si agita dentro: «L’aversi fa paura, significa già poter perdere e io non voglio perderti. Forse per questo evito di cercarti, ma poi mi manchi e allora torno. Solo per un poco. Un’altra dose di paradiso e ritorno nel mio inferno, che si sta caldi lì, sapete?», un’immensità che solo il potere catartico della parola riesce ad arginare:
Per anni ho scarabocchiato parole come fossero disegni, senza riuscire mai a innamorarmene e, come tutti gli amanti delusi, ora cerco vendetta. Le espongo alla pubblica gogna, le abbandono indifese agli sguardi altrui.
VOTO: 7.5
SCHEDA LIBRO:
AUTRICE: Francesca Illiano
TITOLO: Autopsia del terzo millennio
EDITORE: David and Matthaus – Collana ARTeMILLENNIUM
PAGINE: 97
ISBN: 9788898899661
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